Crowdfunding e franchising, una strada possibile?
Fino a pochissimi anni fa sembrava impossibile finanziare una qualsiasi attività con meccanismi come quello del crowdfunding. Ma prima, in brevissimo, vediamo in cosa consiste. La definizione che ne dà Wikipedia è sufficientemente chiara, esaustiva e breve: “crowdfunding è un finanziamento collettivo, un processo collaborativo di un gruppo di persone che utilizza il proprio denaro in comune per sostenere gli sforzi di persone e organizzazioni. È una pratica di microfinanziamento dal basso che mobilita persone e risorse”.
Necessario ricordare che questo tipo di iniziativa, qualora legata al finanziamento di piccole e medie imprese, fino al 2018 era vietata. Grazie all’intervento della Consob - Commissione Nazionale per le Società e la Borsa -, questa restrizione viene abolita. Da oltre due anni quindi, questo tipo di pratica – che ha preso piede in maniera massiva negli ultimi anni, soprattutto nell’ambito no profit – viene ammessa nel mondo dell’economia organizzata. Tanto per le start up in ambito franchising, quanto per le reti già formate. Che possono accedere a questa sorta di finanziamento partecipato.
I casi, ad esempio, di PoshWash o The Longevity Suite dimostrano come anche il franchising possa adottare soluzioni di questo tipo. Che possono portare a fare i conti con due problematiche: sia quella inerente del raggiungimento della cifra necessaria all’avvio dell’attività, sia quello della velocità nel reperimento di tale cifra. Si tenga in considerazione infatti che, nel crowdfunding, solitamente – per raggiungere finanziamenti cospicui – si rende necessaria una strutturata strategia di marketing, onde evitare il fallimento della campagna.
La strada pare quindi tracciata. Ma non così immediata e facile come potrebbe apparire ad un primo approccio. D’altronde, come ogni storia di successo nell’ambito dell’imprenditoria, è dal duro lavoro che nascono le imprese destinate a diventare leader di mercato.